Fabio Viola alla fiera di Rimini in occasione di Enada

Ciò che prima era solo virtuale, oggi è reale. O meglio. Ciò che prima apparteneva al mondo meramente ludico dei videogiochi, è ormai diventato il linguaggio della quotidianità. È il gaming la chiave per scoprire il Metaverso e il futuro, l’embrione dell’evoluzione sociale ed economica che interessa singoli utenti e imprese secondo Fabio Viola, videogame designer e producer, art curator e innovatore museale.

Dott. Viola, perché dovremmo guardare i videogiochi per capire il futuro?

“L’industria dei videogiochi, di fatto, sta guidando i futuri modelli di evoluzione economica, tecnologica e creativa, imponendosi come straordinario punto di osservazione per chi si muoverà nel Web3 o in quello che, come buzzword, abbiamo definito Metaverso. Gli embrioni di tutto ciò che accadrà dal 2030 in poi li possiamo trovare qui da anni: NFT, criptovalute e interazioni sociali sono la lingua del gaming da un paio di decenni”

In questo paio di decenni, c’è un anno che ha fatto da spartiacque?

“Il 2007 è un anno importante che ha visto i videogiochi transitare verso un modello free-to-play. È un ulteriore evoluzione per i modelli economici che sta toccando anche i beni di largo consumo. È un modello che consente all’utente di accedere gratuitamente a un prodotto per poi dar vita a un’esperienza fatta di micro-transazioni e customizzazioni. Nei circa 200 miliardi di dollari che l’industry mondiali dei videogiochi fattura ogni anno, paradossalmente il 70% arriva dai giochi resi disponibili gratuitamente. Dati impressionanti se pensiamo al fatto che nei videogiochi free-to-play paga in media solo il 5% dei giocatori”

Quindi come si fa a generare economia se molti utenti non pagano?

“Qui entra in gioco la capacità di un game designer di rendere funzionale e valoriale il restante 95% degli utenti coinvolgendoli in una serie di azioni che richiedono creatività. L’obiettivo è quello di renderli parte attiva nella costruzione e nell’evoluzione del gioco, nel miglioramento dell’esperienza per utenti paganti e nelle logiche di advertising. In fondo, si tratta di generare economia in maniera indiretta. Ed è un modello che funziona e che molte industry stanno adottando”

Questo può generare scossoni nei modelli di business.

“Siamo entrati nell’epoca in cui diventa fondamentale il passaggio che va dall’immaginazione al prodotto.  Nel mezzo c’è l’azione dell’intelligenza artificiale. Quindi, tutto ciò di cui le aziende hanno e avranno sempre più bisogno sono due asset: immaginazione e lessico. Non sarà più necessaria la competenza intermedia, perché dall’idea si passa direttamente all’esecuzione, bypassando i normali processi industriali. Inoltre, dal momento che oggi tutto si basa sui cosiddetti prompt, è fondamentale possedere comandi testuali efficaci per consentire all’intelligenza artificiale di sfornare output precisi ed efficaci”

Esiste un ambito in cui l’impatto dei videogiochi è già misurabile e traducibile?

“L’impatto è già verificabile nel settore turistico, in quello che viene definito game based tourism. Nel mondo ci sono circa 3 miliardi di persone che utilizzano almeno una volta l’anno i videogiochi, 14 milioni solo in Italia, e ormai molti videogiochi non sono più solo di fantasia. Al contrario, sono ambientati in città, in musei, in territori, luoghi che esistono davvero, attingono al reale. Milioni di persone decidono dunque di andare a vedere il luogo originale. Un assist incredibile per i territori e le amministrazioni. Scoprire il Metaverso è anche tenere maggiormente in considerazione e saper padroneggiare questo trend”

Quindi gaming, metaverso, cultura. Unioni possibili?

“È una sfida enorme. Tra le nuove generazioni c’è una certa ritrosia ad accedere a luoghi culturali, ma anche qui l’industry dei videogiochi gioca un ruolo decisivo, cambiando questa percezione. Si rielaborano opere, luoghi e storie, facendoli entrare negli immaginari e rendendoli accessibili e comprensibili. I giovani sia avvicinano dunque a questi luoghi culturali perché li hanno intercettati tramite nuovi codici che possiamo definire, appunto, Metaversi”