“L’Italia è un’eccellenza con i distretti orafo-gioiellieri di Arezzo, Vicenza, Valenza, Milano e Torre del Greco. Qui c’è savoir faire di sistema, che è tutto ciò di cui il settore ha bisogno”.
È un tributo totale al sistema orafo italiano, produttivo e fieristico, alle sue maestrie e alla sua capacità di rispondere con l’eccellenza ai bisogni di mercato quello dell’ad di PGI (polo italiano di produzione della gioielleria Cartier) Jacques Lemeray. Relatore illustre della seconda edizione del Summit del Gioiello Italiano, il vertice organizzato da Italian Exhibition Group in collaborazione con il Comune di Arezzo e le Associazioni di categoria di riferimento che lo scorso venerdì 2 dicembre ha riportato presso l’Auditorium di Arezzo Fiere e Congressi le figure chiave del settore della gioielleria e oreficeria, Lemeray è stato protagonista di un intervento in cui ha elogiato le caratteristiche dell’industry italiana del prezioso e dei partner strategici della storica Maison parigina, leader mondiale di settore.
Cartier e l’Italia: cronaca di un successo
Intervistato da Federica Frosini, direttore di VO+, Jaques Lemeray ha ricostruito la storia che ha portato Cartier a individuare l’Italia come Paese strategico per consolidare il bacino produttivo d’eccellenza sul quale poggia il know how esclusivo del brand: “La nostra storia con l’Italia è di lunga data. È sufficiente pensare che Love, il bracciale firmato da Aldo Cipullo, è nato qui. Dieci anni fa è invece iniziata la produzione a Torino. Prima eravamo in Francia e in Svizzera, ma avevamo bisogno di fare di più. L’Italia è stata individuata come la base industriale ideale per rafforzare un sistema di forte competenza essendo il primo bacino orafo europeo per la gioielleria. Il primo passo è stato prendere il controllo di Antica Ditta Marchisio, poi quello di aggiungere il sito di Creazioni a Milano. È nato così il nostro polo italiano”.
Italia: maestria e relazione
Un polo italiano che si avvale di competenze di valore assoluto, ma non solo secondo Lemeray: “In Italia c’è savoir faire, che è tutto ciò di cui il settore ha bisogno. Inoltre, c’è vera innovazione e la possibilità di sviluppare e creare tutto il range di produzione, dal più semplice al più complicato, Ma soprattutto, nonostante le differenze culturali di management, regna la certezza di creare relazioni basate su fiducia e trasparenza. Per la nostra organizzazione, ciò ha significato poter integrare e amalgamare le diverse competenze e possibilità di poter rispondere con grande forza ai bisogni del mercato”.
Cartier e lo sviluppo in Italia
Nel corso del suo intervento, l’ad di PGI ha illustrato le direttrici dello sviluppo produttivo sul territorio italiano e le caratteristiche dei player potenziali per il network della Maison: “Cartier crede nel business e crede nel futuro. Per rafforzare la nostra rete abbiamo bisogno di partner con grande spirito imprenditoriale, caratteristica e punto di forza del sistema italiano. Per avere una rete che sia solida, controllabile e monitorabile servono però imprese di grossa taglia per sostenere il business, lo sviluppo e le vendite. Infine serve molta tecnologia, che ha fatto passi da gigante rispetto a dieci anni fa”.
La formazione decisiva per sostenere la leadership
Il tema della formazione di settore, centrale nei dibattiti della seconda edizione del Summit Italiano del Gioiello, non è un problema solo italiano per Jaques Lemeray: “È un nodo anche in Francia, e il problema è comune a tutti i settori manifatturieri. Per noi in questo momento il punto cruciale è riempire gli istituti tecnici. La rete di scuole esiste già, ma vanno motivati i giovani, che devono conoscere meglio un settore che necessita di essere comunicato meglio. Dobbiamo creare e sostenere il sogno professionale valorizzando alle nuove generazioni il mestiere dell’orafo, che è molto più di un semplice esecutore. Ai giovani consiglio di guardare su LinkedIn il film sulla nostra Officina dei talenti: da qui si capisce l’energia, il piacere , la passione di lavorare nel nostro settore”.